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Mango '95

       
 
             

[...] Accade così che le evoluzioni astratte, in qualche modo fluttuanti e libere, che emergevano dai quadri di qualche anno fa, si vadano come asciugando, mirando a cogliere il suono più puro della forma, quello che risuona nel rapporto spaziale secco ed essenziale che si istituisce tra segno e sfondo. Si tratta di un segno avvolgente, organico, che suddivide la superficie in zone distinte, segnalata ognuna da una tonalità luminosa diversa.

Ma anche la luce è trattata in modo radicale, investigata nella sua notte, nelle sue tonalità oscure. Massanova dipinge il nero.  Nel senso, letterale, che i lavori che ci presenta sono costruiti attraverso diverse modulazioni della stessa notturna pasta cromatica. Le superfici che il segno distingue sono contiguità di neri, la luce è notturna. Se non è nero è argento. Non un argento squillante, ma una superficie aerea, sfuggente, irrequieta che dialoga con la notte del nero senza distaccarsene in maniera drastica.

Il minimalismo della ricerca si esprime proprio nella tensione a raggiungere  una complessità percettiva attraverso una raffinata riduzione della grammatica espressiva. Il tentativo cui Massanova dà luogo è dipingere la luce nella sua essenza, riuscire a muovere la superficie facendone lo specchio entro cui riflettere una spazialità ariosa e mobile.

Il nero gli serve proprio per questa ragione. Le modulazioni tonali, gli scarti di intensità, le vibrazioni di superficie fanno sì che la costruzione del piano non si risolva mai in semplice costruttività formale ma riesca a creare un equilibrio percettivo ritmico. La luce si esalta in pittura nel suo dialogo con l'ombra dice un antico dettato tecnico, Massanova cerca questa esaltazione nella capacità dell'ombra di non essere mai piatta ma di lasciar intravedere sempre un oltre mondo, l'universo instabile del doppio.

             
         

Vincenzo Mango